Sunday 12 July 2015

Della Troika e della democrazia europea

Tanto si è parlato di Unione Europea e democrazia nelle ultime settimane. Il caso Grecia ha destato l'attenzione di tutti e ancora siamo con il naso alzato verso Bruxelles per cercare di comprendere se in questa Unione Europea ci sia qualcosa di buono o no.
Notizia dell'ultim'ora, sembra che gli ingranaggi del dialogo fra i Grandi d'Europa siano tornati a girare ( la mozione approvata nella notte tra venerdì 10 e sabato 11 luglio dal Parlamento greco sulle proposte di riforma è piaciuta all'UE) e i cittadini europei hanno ricominciato a interrogarsi sulle reali conseguenze di quanto è accaduto sul futuro dell'economia europea. 
Infatti, mentre stavamo quasi per comprendere cose fosse la Troika, si parla già di “Ex Troika” e di “Brussel Group". E di nuovo abbiamo ancora dubbi su chi, cosa e perché si mette in gioco il destino dell'eurozona e dell'Unione Europea.
Sembra che la Troika fosse (sia?) un mostro leggendario a tre teste, costituito da Fondo monetario internazionale (FMI), Banca centrale europea (BCE) e Commissione europea (CE) rappresentanti dai loro Presidenti, con il compito di formulare piani di salvataggio dei paesi all’interno della zona euro colpiti dalla crisi, fornendo assistenza finanziaria in cambio dell’istituzione di politiche di austerità. 
Adesso dicevamo, la Troika, già Ex, è chiamata più familiarmente “Brussels Group”. E gli attori si sono moltiplicati. Ora sembra (mi si lasci il beneficio del dubbio) che il Brussels Group sia composto oltre che dai membri sopra detti costituenti l'Ex Troika, anche da l'ESM (European Stability Mechanism, Meccanismo di stabilità europea, anche detto Fondo salva-stati) e dai rappresentanti del governo greco, alias Alexis Tsipras e il nuovo Ministro delle Finanze greco, Euclides Tsakalotos. Pare che a coniare il nome Brussels Group sia stato il Wall Stret Journal , per indicare gli attori seduti al tavolo dei negoziati a Bruxelles l'8 marzo 2015 all'inizio della “questione greca”.
Questo termine a dirla tutta si confonde non poco con il termine “Eurogruppo”, l'organo consultivo e centro di coordinamento che riunisce i 18 ministri dell'Economia e delle finanze degli Stati membri dell'area Euro. 
Insomma, quando noi cittadini iniziavamo a capire, non se n'è capito di nuovo nulla e sembra se vogliamo oggi realmente informarci e capire, prima di formulare giudizi parziali o avventati che si dovrà frequentare un corso di finanza avanzata. 
Dall'altra parte, se davvero si vuol spiegare al cittadino europeo cosa sta accadendo occorrerà compiere uno sforzo di semplificazione notevole, pena la caduta in comuni generalizzazioni e fraintendimenti e la vittoria incontrastata (e forse giusta?) dell'ars oratoria greca, che si sa, è nata proprio nel Peloponneso e di certo non ha rivali.
Al di là delle crisi terminologiche, ma senza voler entrare eccessivamente nel dettaglio, vogliamo rammentare come dal 2009 l'Unione Europea con il Trattato di Lisbona sia coinvolta in un processo di democraticizzazione in continuo crescendo. 
Si ricordano in questa sede due punti essenziali:
- che l'obiettivo della creazione e mantenimento del mercato interno è subordinato alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia tra gli Stati Membri (e dunque l'euro non è più il solo e unico obiettivo dell'Ue!);
- che il ruolo del Parlamento Europeo è stato notevolmente rafforzato, considerato che è stato superato il suo ruolo meramente consultivo nel processo di approvazione delle leggi europee. Il Parlamento ha adesso pari poteri del Consiglio ed è pieno co-legislatore, nella maggior parte delle materie attribuite alla competenza dell'Ue dai Trattati. 
E' tuttavia vero che il deficit democratico resta in alcune materie essenziali: rimangono fuori dalla plenaria di Strasburgo la politica estera e di sicurezza comune e proprio la tanto discussa politica economica e monetaria.
In realtà, già da qualche mese, il PE scalcia, lamentando una mancanza di legittimazione democratica nelle decisioni sul futuro dell'economia europea. 
Una posizione ufficiale è stata affermata con la Risoluzione del 13 marzo 2014 relativa all'indagine sul ruolo e le attività della Troika, in cui il PE aveva espresso la sua preoccupazione sul ruolo non ben definito della BCE in seno a questa e sulla natura del suo processo decisionale. Si è detto per la prima volta e ufficialmente che il mandato della Troika è poco chiaro e carente sotto il profilo della trasparenza e del controllo democratico (leggi qui il documento versione integrale).
E questo è ormai evidente a tutti i cittadini europei, i cui occhi sono tuttavia offuscati  dai tecnicismi infiniti della burocrazia e della finanza più specialistica, che chiaramente continueranno ad esistere.
Questo tuttavia non può comportare un freno alla trasparenza e al processo di integrazione europea.
Il No del popolo greco ha acceso di nuovo i riflettori sulla questione e forse sarà questa la vera battaglia da vincere: non solo un piano salva Grecia, ma una svolta decisiva nel cammino verso una reale democrazia europea anche nelle decisioni che contano davvero.
G.A.

Thursday 2 July 2015

The EU Common Foreign and Security Policy (CFSP). A space for oligarchic decisions?


by Ettore Togni
 
Different identities, visions and interests among the EU Member States emerge from the EU Foreign and Security policy. Can be argued that, this circumstance jeopardises the achievement of the specific political objectives by the EU.  
Indeed, today the European Union holds  appropriate juridical framework and political tools to coherently act and address European and international issues, as recognised by the Treaty of the European Union (TUE), Title V . However, despite the main institutional and political progresses, the Foreign Policy of the European Union is strongly undermined by two main factors that are mutually influenced.
First: under the current legal framework, the European Council - the highest decision-making body of the EU composed by the head of the state and government of the 28 member states -  requires unanimity when deciding on Common Security and Defence Policy. Thus, any country can exercise its veto and undermine a common action. In practice, usually happens that unanimity is more likely to be perceived if at least, the so called “Big Three” (UK, France and Germany)[1] are politically agree to promote foreign and security actions and can thus influence the other “minor” member states.